25 set.-3 ott. novena S. Francesco 2011

Il capitolo conclusivo della Regola non bollata, esprime meravigliosamente il fine della vita evangelica di Francesco e quella dei suoi fratelli. Tutta la loro vita è un canto.

Per ampiezza e profondità questo inno è una vera eucaristia, un capolavoro letterario e spirituale pari al Cantico delle Creature. Il rendere grazie non è forse il culmine della missione della Chiesa e il centro della sua Liturgia? Francesco, rivolto al Padre, dilata il suo sguardo, la sua fede, il suo cuore, alle dimensioni del progresso cosmico e universale di Dio.

In questa meravigliosa sinfonia possiamo cogliere tre movimenti successivi: una contemplazione meravigliosa delle grandi tappe della Storia della Salvezza, quindi la Chiesa celeste e terrestre è invitata ad associarsi al Cristo, che solo, può cantare perfettamente questo grande ringraziamento al Padre; infine tutta la terra e tutti gli uomini sono chiamati a fare della loro vita una liturgia viva, una celebrazione dell’amore, un’eucaristia.

 CONTEMPLAZIONE MERAVIGLIOSA DELLE GRANDI TAPPE DELLA STORIA DELLA SALVEZZA

“Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Dio, Padre santo e giusto, Signore Re del cielo e della terra, per te stesso ti rendiamo grazie, perché per la tua santa volontà e per l’unico Figlio con lo Spirito Santo hai creato tutte le cose spirituali corporali, e noi fatti a tua immagine e somiglianza hai posto Paradiso. E noi per colpa nostra siamo caduti” (Rnb 23, 1- FF63).

Francesco inizia mettendoci in presenza della maestà sovrana del Padre. Gli rende grazie per te stesso: Dio è Dio! Questo basta a giustificare la lode delle sue creature. Egli è la fonte della gratuità, l’iniziativa pura, l’amore originale quale nasce questa immensa avventura. La creazione è opera della Sua Volontà. Soltanto una preghiera gratuita d’amore può corrispondere alla gratuità dell’atto creatore. Rivolto al Padre, come il Cristo, Francesco utilizza spontaneamente le parole del Figlio. Come Gesù, non può dissociare l’intimità del Padre e la sua Sovrana Regalità. Fin dall’inizio il suo Cantico di lode è quello del Figlio diletto preso da gioia davanti al Padre che ha voluto rivelarsi al mondo in particolare ai più piccoli che accolgono la gratuità della Buona Novella (Lc 10, 21).

Ti rendiamo grazie! Francesco prega sempre al plurale.

La sua preghiera non è quella di un individuo solo, isolato davanti al proprio Dio, ma quello di un membro di un popolo immenso.

Tre motivi essenziali alimentano la sua azione di grazia: la creazione, la redenzione, la manifestazione finale di Cristo. Tre tappe di un’unica storia di Salvezza. Inizia, dunque dal contemplare la creazione che nasce dal disegno d’amore di questo Dio Trinitario. Francesco, infatti, associa sempre le tre Persone Divine in questa gloriosa avventura che ingloba tutte le tappe della salvezza. Dio è il creatore di tutte le cose, corporali e spirituali. Tutto scaturisce dalle sue mani. L’uomo ne è il capolavoro. Ma egli si è allontanato per sua colpa, dalla sorgente dell’Amore, perde la sua identità. Francesco, perciò, assume la responsabilità personale dell’uomo di fronte al dramma del peccato.

“E ti rendiamo grazie, perché come tu ci hai creato per mezzo del tuo Figlio, così per il santo tuo amore, col quale ci hai amato, hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo dalla gloriosa sempre vergine beatissima santa Maria e, per la croce, il sangue e la morte di Lui ci hai voluti redimere dalla schiavitù” (Rnb 23, 3; FF 64). Continua a sviluppare il tema della creazione e della Storia della Salvezza. Il santo amore con il quale Dio ci ha amati ne è la fonte dinamica. Come ci ha creati per mezzo del Suo Figlio, ci ha redenti per mezzo del Suo Figlio. Cristo è il primogenito dell’universo creato e redento. C’è sempre un equilibrio di fede che guarda Gesù come vero Dio e vero uomo. La sua Incarnazione e la sua Passione nascono dal cuore del Padre, dal suo unico disegno d’amore.

“E ti rendiamo grazie, perché lo stesso tuo Figlio ritornerà nella gloria della sua maestà per destinare i reprobi, che non fecero penitenza e non ti conobbero, al fuoco eterno, e per dire a tutti coloro che ti conobbero e ti adorarono e ti servirono nella penitenza:- Venite benedetti dal Padre mio, entrate in possesso del Regno, che vi è stato preparato fin dalle origini del mondo-” (Rnb 23, 4; FF 65). Infine, Francesco contempla l’ultima tappa della Storia della Salvezza: la venuta definitiva del Figlio glorioso e del Suo Regno, visione che si snoda in tre tempi. Francesco con un unico sguardo di fede abbraccia tutto l’itinerario del Cristo che non si ferma al Calvario, ma si compie nella gloria della sua Maestà. Rende grazie a Dio per la vittoria ultima sulle forze del male e del peccato. C’è un forte legame tra il convertirsi e il riconoscere Dio in Gesù Cristo. La visione è tolta dal Vangelo di Matteo (Mt 25, 31-46): e qui Francesco trova i segni concreti della nostra conversione.

Francesco contempla nella Trinità vivente una volontà permanente di far vivere e di conservare la vita. Ogni persona divina lavora alla salvezza dell’uomo e dell’umanità. L’intera Trinità crea, redime e divinizza. Le rispettive azioni del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, realizzano l’oggi della salvezza nel cuore del mondo.

IL CRISTO ASSOCIA TUTTA LA CHIESA ALLA SUA AZIONE DI GRAZIA

“E poiché tutti noi, miseri e peccatori, non siamo degni di nominarti, supplici preghiamo che il Signore nostro Gesù Cristo Figlio tuo diletto, nel quale ti sei compiaciuto, insieme con lo Spirito Santo Paraclito ti renda grazie, così come a Te e a Lui piace, per ogni cosa, Lui che ti basta sempre in tutto e per il quale a noi hai fatto cose tanto grandi. Alleluia.

E per il tuo amore supplichiamo umilmente la gloriosa e beatissima Madre sempre Vergine Maria.. . e tutti i santi che furono e saranno e sono, affinché, come a Te piace, per tutti questi benefici rendano grazie a Te, sommo vero Dio, eterno e vivo, con il Figlio tuo carissimo, il Signore nostro Gesù Cristo e con lo Spirito Santo Paraclito nei secoli dei secoli. Amen. Alleluia.

E tutti coloro che vogliono servire al Signore Iddio nella Santa Chiesa cattolica e apostolica, e tutti i seguenti ordini: sacerdoti, diaconi, suddiaconi, accoliti, esorcisti, lettori, ostiari, e tutti i chierici, e tutti i religiosi e le religiose, tutti i conversi e i fanciulli, i poveri e i miseri umilmente preghiamo e supplichiamo perché perseveriamo nella vera fede e nella penitenza, poiché nessuno può salvarsi in altro modo” (Rnb 23, 5-7; FF 66-67-68).

Alla luce della grandiosa Storia della Salvezza contemplata nella prima parte dell’inno, nella quale Dio realizza il suo disegno di bontà, Francesco percepisce meglio la sua indegnità radicale di peccatore. Per questo l’uomo non può rendere grazie se non é associato all’unica azione di grazie di Cristo. Poiché Lui solo è il perfetto adoratore e glorificatore che basta al Padre. Solo Lui con lo Spirito Santo, infatti, è entrato pienamente e totalmente in questo progetto del Padre. E questo non impedisce a Francesco di meravigliarsi di ciò che Dio ha fatto per noi attraverso Gesù, nostra ricchezza e nostra sufficienza.

ALLELUIA! Ecco il cantico nuovo che l’immensa folla degli uomini redenti dal sangue dell’Agnello può intonare. Francesco associa così all’unica azione di grazie del Cristo (eucaristia) tutta la Chiesa, il popolo della nuova ed eterna alleanza. Maria la Madre gloriosa cammina in testa a questa processione trionfale, seguita da tutte le creature visibili della Chiesa gloriosa: i patriarchi, gli apostoli, i martiri e tutti i santi. Notiamo che Francesco nomina gli Angeli e gli Arcangeli come San Michele, gli apostoli Pietro e Paolo, per i quali nutre una devozione particolare a causa del loro ruolo in questa Storia di Salvezza. (Cfr. 2Cel 197 e 202; LM 9, 3; FF785 e 791; FF 1165-1167).

La preghiera spontanea del povero è rendere grazie. Dire grazie, restituire a Dio la sua grazia, la sua gratuità.

Di fatto Francesco non finisce mai di cantare i benefici e la perfezione del Signore. La benedizione è la trama essen­ziale della sua vita di preghiera. Passerà il suo tempo a dire-bene (= bene dire) del suo Creatore. La benedizione è l’inverso del male (Cfr. Rnb, 17, 19; FF 49) e alla fine Francesco accoglierà la morte cantando. “Trascorse i pochi giorni che gli rimasero in un inno di lode, invitando i suoi compagni dilettissimi a lodare con lui Cristo… invitava tutte le creature alla lode di Dio… Perfino la morte, a tutti terribile e odiosa, esortava alla lode… Coraggio frate medico, dimmi pure che la morte è imminente: per me sarà la porta  della vita!’ (2 Cel217; FF 809-810).

Resta sempre una missione di scottante attualità quella di restituire all’uomo il senso dell’adorazione, della meraviglia e della lode, perché adorare e rendere grazie sono due atti vitali per l’equilibrio stesso dell’uomo. Una società che e il senso della meraviglia, del ringraziamento, scivola inesorabilmente verso la noia, i piaceri artificiali e l’autodistruzione.

Francesco non si sbagliava quando diceva ai suoi fratelli: “vedo, fratelli, che Dio ci ha chiamati a preparare una stalla né per l’asino, né per e impacci con la gente, ma per andare a predicare agli uomini la via della salvezza dando buoni consigli, e ancor più  per consacrarci all’orazione e al ringraziamento” (Leg 3Com FF 1464) e : “Tale dovrebbe essere il comportamento dei frati , in mezzo alla gente, che chiunque li ascolti e li veda, sia indotto a glorificare e lodare il Padre celeste” (Leg 3Com 58; t 469). Con quest’inno, dunque, Francesco ci ricorda che l’uomo non deve soltanto dominare e utilizza­re intelligentemente la terra, ma deve anche farla cantare, rivolgendola al Suo Creatore. Ci mette in guardia contro ogni appropriazione abusiva di questa terra, contro ogni sguardo utilitario che dimentica di lasciare degli spazi verdi, gratuiti, in mezzo alla città di cemento, perché l’uomo possa respirare il profumo di un fiore. Francesco fa cantare l’intera creazione compresi gli elementi inanimati, perché secondo lui, nell’armonia dell’universo niente è inutile, ogni cosa ha il suo posto e tutto possiede un senso segreto:

“E quale estasi gli procurava la bellezza dei fiori, quando ammirava le loro forme o ne aspirava la delicata fragranza! Subito ricordava la bellezza di quell’altro Fiore … se vedeva distese di fiori, si fermava a predicare loro e li invitava a loda­re e amare Iddio, come esseri dotati di ragione; allo stesso modo le messi e le vigne, le pietre e le selve e le belle campagne, le acque correnti e i giardini verdeggianti, la terra e il fuoco, l’a­ria e il vento con semplicità e purità di cuore invitava ad amare e a lodare il Signore” (1 Cel 81; FF 460).

Illuminato dalla luce della fede, animato dallo Spirito Santo, Francesco vive all’interno dell’ attualità della salvez­za e discerne i segni di un mondo nuovo ancora in gesta­zione. Non dimentichiamo che ha scritto i suoi più bei canti di lode mentre era esaurito dalla malattia, e segnato dalle stimmate della Passione. Quando canta la luce del sole, è quasi cieco! La sua azione di grazia non è, perciò, semplice emozione estetica, ma il canto dello Spirito. Il Magnificat della salvezza che nasce nel cuore di un uomo già riconciliato.

LA TERRA E GLI UOMINI SONO CHIAMATI A FARE DELLA

LORO VITA UNA LITURGIA VIVA, UN’EUCARISTIA

Nell’ultima parte di questa preghiera eucaristica, Francesco invita tutti gli uomini a fare della loro vita una celebrazione dell’amore, una liturgia vivente, un atto di fede e di speranza. L’amore del Signore semplifica ed unifica, converte, dinamizza, orienta ogni cosa, ogni nostra facoltà e ogni nostro atto. Francesco è convinto che solo questo disegno d’amore del Padre può dare alla nostra esistenza la sua vera consistenza, il suo senso, la sua finalità e liberarci dai nostri desideri sregolati, dalle nostre strettez­ze di spirito e di orizzonte. Ci invita a vivere sotto il segno della gratuità del Padre che vuole il nostro bene, la nostra salvezza.

Francesco, poi, invita tutti gli uomini a,perseverare nell’amore e sopprimere nella loro vita ciò che impedisce loro di diventare uomini eucaristici. La fede è una conversione permanente del desiderio che occorre ri-orientare verso Dio.

“Tutti amiamo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutta la capacità … il Signore Iddio il quale a tutti noi ha dato e da tutto il corpo, tutta l’anima e tutta la vita…

Nient’altro dunque dobbiamo desiderare, niente altro volere, nient’altro ci piaccia e diletti, se non il Creatore e redentore e Salvatore nostro, solo vero Dio, il quale è il bene pieno, ogni bene, tutto il bene, vero e sommo bene, che solo è buono, …

E ovunque, noi tutti, in ogni luogo, in ogni ora e in ogni tempo, ogni giorno e ininterrottamente crediamo veramente e umilmente e teniamo nel cuore e amiamo… e rendiamo gra­zie all’Altissimo e sommo eterno Dio, Trinità e Unità, Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose e Salvatore di tutti coloro che credono e sperano in lui, e amano lui, che è senza inizio e senza fine, immutabile, invisibile, inenarrabi­le, ineffabile, incomprensibile, ininvestigabile, benedetto, degno di lode, glorioso, sopraesaltato, sublime, eccelso, soave, amabile, dilettevole e tutto sopra tutte le cose desiderabile nei secoli dei secoli. Amen” (Rnb 23; FF 69-71).

Celebrare l’Eucaristia significa innanzi tutto credere e proclamare che Gesù è vivo! E come tale convoca e raduna i suoi fratelli per fare memoria di Lui. La cena è il luogo privilegiato dell’incontro con il Signore e del ricono­scimento della sua presenza tra noi. Francesco accoglie in questo sacramento il memoriale dell’amore vivo del Signore. Egli si rende vivo e presente alla nostra memoria, alla nostra intelligenza, al nostro cuore.

“Il nostro pane quotidiano, il tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, da a noi oggi: in memoria, comprensione e reverenza dell’amore che egli ebbe per noi e di tutto quello che per noi disse, fece e patì” (par. Padre nostro, 6; FF 271).

Per Francesco l’Eucaristia è l’incontro con Gesù oggi: “E come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne, così anche ora si mostra a noi nel pane consacrato” (Am 1, 19; FF 144).

Francesco vivrà sempre nell’irraggiamento di questa presenza viva ed attuale del Signore. Spontaneamente apre così una delle sue lettere, e con questo saluto originale ci rinvia esplicitamente al Cristo Eucaristico: “A tutti i custodi dei frati minori ai quali giungerà questa lettera, frate Francesco, vostro servo e piccolo nel Signore Iddio, augura salute con nuovi segni del cielo e della terra, segni che sono grandi e straordinari presso il Signore e sono invece ritenuti in nessun conto da molti religiosi e da altri uomini…

E in ogni predica che fate, ricordate al popolo di fare peni­tenza e che nessuno può essere salvato se non colui che riceve il santissimo corpo e sangue del Signore, e che quando è sacrifi­cato dal sacerdote sull’altare o viene portato in qualche parte, tutti, in ginocchio, rendano lode, gloria e onore al Signore Iddio vivo e vero.

E dovete annunciare e predicare la sua gloria a tutte le genti, così che ad ogni ora e quando suonano le campane, sem­pre da tutto il popolo siano rese lodi e grazie a Dio onnipotente per tutta la terra” (l LCus 1 e 6-8; FF 240 e 243).