Non le grandi opere, ma un po’ di fede salva

Quando si chiuse nel monastero, madre Maria Lorenza, si diede all’orazione e alla meditazione, giacché per l’infermità non poteva fare nessun tipo di lavoro manuale, e ammaestrava le sue figlie nell’osservanza della Regola secondo l’intenzione di san Francesco e di santa Chiara. In questo era guidata dal consiglio dei frati cappuccini, i quali confessavano e curavano spiritualmente tutte le monache. Soprattutto ella era zelantissima del culto divino e a quello formava e infervorava le monache. Quando il coro non era stato realizzato ancora, ella faceva celebrare il divino ufficio in una stanzetta, ove, facendosi portare, assisteva con le altre. Riceveva la santissima comunione ogni otto giorni e tutte le feste occorrenti, e in quel giorno viveva in raccoglimento, versando molte lacrime durante l’orazione e rimanendo in contemplazione, come fuori di sé. Don Gaetano da Thiene, uno dei primi fondatori dell’istituto dei padri Teatini, spesso la visitava, perché ella profondamente ragionava dei misteri divini e dava ammirabili e profonde interpretazioni delle Divine Scritture, di fronte alle quali egli rimaneva stupito e pieno di consolazione. Diceva che da lei egli aveva ricevuto grande luce: più che dalla lettura di libri. Così avveniva con tutti gli altri, i quali per questo motivo andavano a trovarla. E quelli che erano tribolati riportavano dalla sua presenza e dai suoi ragionamenti grande consolazione. I nobili signori andavano a raccomandarsi alle sue orazioni, ad ascoltare i suoi consigli e i suoi ragionamenti, nei quali spesso rivelava loro cose nascoste. Per questo motivo ella era tenuta in grandissimo credito ed era considerata come un oracolo divino.

Ma soprattutto formava le sue monache, facendo in modo che, in quel poco tempo che le restava da vivere, le potesse istruire bene, procedendo in ogni cosa, tanto materiale quanto spirituale, con grande spirito e prudenza. Ammoniva e correggeva con meraviglioso fervore, sia nelle questioni generali, sia in quelle particolari. E molte volte indovinava le tentazioni delle sorelle, rivelando loro l’interna disposizione del cuore; e per questo esse, confuse e meravigliate, si correggevano.

Dopo aver rinunciato all’ufficio di abbadessa, altro non faceva che parlare dell’osservanza dei precetti di Dio e della Regola, della pace e dell’unione, dell’umiltà, obbedienza e povertà, della mortificazione e disprezzo di se medesima, esortando le sorelle, con molta efficacia, a vincere loro stesse. Lo faceva con tanto fervore, intensità e benignità, che faceva commuovere tutte fino alle lacrime, e le infervorava nell’amore di Dio.

Poco prima di spirare, voltatasi alle sorelle, disse loro: «Sorelle, a voi pare che io abbia fatto gran cose di buone opere; ma io in niente di me stessa confido, ma tutta nel Signore», e mostrando la punta del dito piccolo, disse: «Tantillo di fe’ mi ha salvata». Il suo corpo benedetto fu posto davanti alla grata; e vi accorse una moltitudine di popolo e tutti le baciavano i piedi e gridavano che quei suoi piedi profumavano. Dato che madre Maria Lorenza aveva lasciato scritto di voler essere sepolta con le sorelle, ma non vi era ancora il cimitero, la sistemarono in una cassa e la posero nel frattempo sotto l’altare maggiore del coro.

                                                                                Della «Vita» di Mattia da Salò