Bar 5,1-9; Salmo 125/126; Fil 1,4-6.8-11; Lc 3, 1-6
L’evangelista Luca, che ci rivela all’inizio del suo Vangelo come ha voluto compiere sempre “ricerche accurate sugli avvenimenti successi” (Lc 1,4) con lo scopo di offrirci un Gesù , segno vivo dell’Incarnazione, colloca l’inizio della predicazione di Giovanni Battista in un contesto di spazio e di tempo ben preciso, con tanto di personaggi che detengono il potere, come in una sfilata.
Tiberio Cesare, che governa tra l’anno 26–28: accanto a lui Ponzio Pilato, emblema del potere romano in Palestina come Governatore della Giudea. A questi due grandi, Luca fa seguire altre figure di Tetrarchi giudei, che governano parte del regno di Erode il Grande: Erode Antipa, suo figlio – sarà lui a mettere a morte il Battista – che governa la Galilea: Filippo, terzo figlio di Erode, erede di un’altra parte del suo regno, l’Iturea e la Traconitide: Lisania, principe di Abilène. A questo punto vengono introdotte le due massime autorità giudaiche, che poi furono i veri responsabili della morte di Gesù: il Sommo Sacerdote Anna che, anche se era stato deposto dai Romani il 15 d.C., era ancora una vera e propria autorità nel potere religioso giudaico e Caifa, un suo genero, in carica in quegli anni.
I personaggi in totale sono sette: con questo Luca ci vuole dire che ciò che sta per raccontare sono fatti concreti e tutta la storia, quella sacra e profana, quella pagana e quella giudaica è coinvolta nell’evento.
Sta per iniziare quindi un nuovo regno, ma non un regno dell’altro mondo, ma un regno che si deve instaurare in questo mondo, per questo sia i poteri politici che religiosi del tempo si sentiranno chiamati in causa e dovranno difendere il loro dominio dall’avvento di questo nuovo regno.
In questo frammento di storia precisa, nell’anno quindicesimo dell’imperatore Tiberio, quindi intorno all’anno 27-28 d.C., accade qualcosa che riempie di senso tutta la storia stessa, si intreccia con le vicende dei potenti della terra, e ne penetra gli avvenimenti: la parola di Dio avvenne “su Giovanni figlio di Zaccaria, nel deserto”: il termine che in ebraico significa accadere, capitare, perché prima ancora di essere detta la parola è un evento, un accadimento che rende Giovanni testimone. Non “avviene” su chi detiene il potere, non sui grandi personaggi di questo mondo, né sui sacerdoti del tempio, Anna e Caifa che gestiscono dei poteri ma sono refrattari alla parola del Signore, ma su Giovanni che vive nel deserto e crea la condizione opportuna affinché la parola scenda, là dove l’uomo fa deserto.