S. Veronica, il suo diario: un tesoro in tempo di crisi

Le 22.00 pagine del Diario di S. Veronica

Un tesoro in tempo di crisi

Il Natale è arrivato con la sua atmosfera che carica di affetti familiari e di teneri ricordi. Quest’anno la Pandemia ce lo fa vivere in forma unica, forse più attenta a quanto ci comunica il mistero di un Dio che si fa uomo. Abbiamo ora più tempo libero fondamentale per fermarsi, sostare, verificare e riprendere in mano la propria vita. La nascita di santa Veronica cade due giorni dopo il Natale,  un periodo in cui gli studenti sono ormai liberi dagli impegni scolastici e anche la maggior parte dei lavoratori sono in vacanza: un tempo propizio per rimettere al centro della nostra vita Dio e ritrovare forze e creatività per riprendere con entusiasmo il cammino della vita, illuminati dalla testimonianza di una donna che brilla nel firmamento dei Santi.

Quest’’anno celebriamo i 360 anni della nascita di santa Veronica, ma ancora rimane tanto da scoprire della ricchezza che ci ha lasciato. Ormai ci siamo abituati a sentire le parole riportate nel suo diario, ma ancora resta da ascoltare il messaggio racchiuso in quel tesoro della Santa.

Le prime pubblicazioni delle 22.000 pagine del Diario di S. Veronica sono state, con ragione, intitolate: “Un tesoro nascosto”, una saggia ispirazione che dovrebbe stimolare maggiormente ad esplorare le ricchezze racchiuse in quei racconti. Riconosciamo, invece, che rimane ancora molto da scoprire del tesoro di grazie che il Signore ci ha manifestato attraverso santa Veronica.

Addentrarsi nelle 22.000 pagine manoscritte di santa Veronica, in un’epoca in cui la moda insegue il messaggio rapido e abbreviato, la notizia flash, l’ SMS, ecc., può sembrare una contraddizione, una proposta assurda. In realtà sono proprio i nuovi mezzi tecnologici a permetterci studi più approfonditi e rapidi anche di documenti a noi così lontani nel tempo, naturalmente solo dopo una paziente digitalizzazione dei manoscritti. Ad esempio risulterebbe più facile mettere a confronto le 5 autobiografie che raccontano la giovinezza della Santa (con qualche altra aggiunta) stilate in una arco di tempo di quasi 30 anni (dal 1693 al 1721). Risalterebbero allora interessanti progressioni nel cammino mistico di Veronica e troveremmo validi sostegni per affrontare il combattimento spirituale sia per far trionfare il bene, sia per respingere le tentazioni (ad esempio “con invocare il santissimo nome di Giesù ogni cosa passava. D. V,777). Riusciremmo forse a riconoscere il ripetersi dei racconti non come una replica di cose già dette, ma un modo di comprendere e guardare agli episodi accaduti in forma crescente, sempre più illuminati dall’Alto, come in una spirale il cui ripetersi dei cerchi non è mai allo stesso punto, ma in tensione progressiva e  dinamica: un ripresentarsi sempre nuovo della Parola di Dio che si incarna in santa Veronica, come già ricordava il Santo Padre nell’Udienza generale del 15 dicembre 2010. La Santa, infatti, si esprime non solo con parole della Sacra Scrittura (le  sue visioni e le sue rivelazioni sono di timbro biblico), ma queste parole diventano vita in lei. Quindi la sua esperienza, nutrita  dalla Sacra Scrittura, ci incoraggia ad una lettura più approfondita del Testo sacro.

Riportiamo una brevissima nota che emerge dal confronto di un racconto, riportato nelle autobiografie, in cui viene rievocato l’incontro di Veronica bambina con Gesù bambino, mentre da piccola raccoglie fiori nell’orto. Sottolineiamo, ad esempio, le differenti presentazioni del bambino che lei vede: nel 1697 è un “bellissimo bambino” (solo dopo afferma che il Signore le ha fatto capire che era lui), nelle due narrazioni successive (1699 e 1700) dice che le “pareva Gesù bambino”, poi di nuovo un bellissimo bambino che però le dichiara di essere “Gesù che l’ama tanto”, infine, nell’ultima autobiografia, scritta sotto la dettatura di Maria Santissima nel 1720-1721, che le “comparve Gesù” e le disse: «sono il vero fiore». Nell’ultima relazione scompare ogni forma dubitativa (pareva). Non solo perché è “dettata dalla Vergine”, ma anche perché è nel periodo in cui ha superato la prova del Sant’Uffizio a cui fu sottoposta nel ventennio successivo alla stimmatizzazione, scrive al Vescovo che considera il “padre dell’anima sua” e a cui si rivolge con confidenza piena.

Vorrei evidenziare una particolare differenza fra l’ultima relazione e le altre. Infatti, nelle prime narrazioni viene descritta una scena che potrebbe anche essere riprodotta visivamente, in progressione vengono poi inseriti i sentimenti interiori di Orsolina, ma è solo nell’ultima relazione che viene riferita l’opera della grazia che attira la creatura al suo Creatore avvolgendola con il suo amore (il caro abbraccio che fa restare Orsolina con il cuore tutto a Dio). Una conferma di quanto aveva dettato Maria: “Figlia, vi saria che dire di te e delle tue semplicità; ma ho caro che tu scriva le cose più speciali. Già le hai scritte più volte; ora ti faccio scrivere molte cose, che non sono negli scritti passati”, non tanto perché nell’ultima autobiografia ci sono episodi nuovi, ma perché tra le “molte cose che non sono negli scritti passati” viene evidenziata  l’azione della grazia.

Il racconto continua soffermandosi a lungo sulla ricerca del “Bambino” dopo la sua scomparsa repentina “tosto sparì”.

L’apparizione del bambino in cui riconosce Gesù, segnerà in modo indelebile la spiritualità di S. Veronica: una ricerca appassionata e instancabile di Gesù che durerà tutta la vita trovando appagamento sola alla fine quando esclamerà: “finalmente l’Amore si è fatto trovare ditelo a tutte, ditelo a tutte!”. Un elemento importantissimo per il nostro cammino spirituale che ci ricorda che la fede si nutre di desiderio  e contemporaneamente di ricerca come farà comprendere il Signore in una locuzione interiore a S. Veronica:  «Mio Signore, vorrei una grazia da Voi; che una volta, vi facesti vedere da questi servi che reggono l’anima mia, ed anche da queste mie sorelle. Mi è parso che Egli abbia riso, e subito sparito. In questo punto mi è parso che abbia detto: Dì loro che non basta che mi chiamino; ma bisogna che vengano anche cercando» (Diario I, 563).