VEGLIATE IN OGNI MOMENTO PREGANDO (I domenica di Avvento)

 

 

Ger 33, 14-16;  Sal.24;  1 Tes 3, 12-4,2;  Lc 21, 25-28.34-36

 

Nel Vangelo di Luca proclamato nel corso di questo nuovo anno liturgico (Anno C) sono racchiusi nel capitolo 21 ai versetti 5-38 la parte conclusiva che la liturgia propone in questa prima domenica di Avvento, cioè i versetti 25-28.34 – 36.

Tutto il capitolo 21 di Luca ci consegna l’ultima pagina di Gesù maestro. L’ultimo suo insegnamento, le estreme accorate parole al suo popolo, alla sua città e ai suoi discepoli. È nel Tempio che Gesù pronuncia il suo ultimo discorso prima della pasqua e della consegna.

 

Si tratta di un discorso profetico-escatologico sulla fine di Gerusalemme che egli tiene ai suoi discepoli “Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti” (Lc 21, 25). Gesù aveva detto nei precedenti versetti: “quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti allora sappiate che la sua desolazione è vicina…”. Cadendo le mura di Gerusalemme il quadro della fine si estende fino ad abbracciare un orizzonte cosmico; la vendetta su Gerusalemme scuoterà le fondamenta del mondo intero e perfino le “energie celesti” saranno sconvolte (v. 26). E tutto questo è dovuto all’abbattimento del diritto e della giustizia secondo la legge di Mosè: causa della rovina e del caos in mezzo al popolo e alla città. E Gesù lascia intendere che i segni cosmici sono il frutto della violazione di tutto questo.

 

 Sarà un tempo di “ansia e angoscia” (2Cor 2,4) che coinvolgerà tutte le nazioni in cui si diffonderà il sentimento dell’oppressione e la paura ghermirà il cuore degli uomini che moriranno tutti. Allora verrà il Figlio dell’uomo: “su una nube con grande energia e splendore”. Questa profezia apocalittica del profeta Daniele (Dn7,13) viene qui applicata da Gesù a sé stesso!

Qui si intende la parusia cioè la seconda venuta del Signore. Essa sarà una venuta gloriosa e potente (cf. Lc 24, 25-26) in contrasto con la prima venuta quella umile e nascosta nella mangiatoia di Betlemme che si è conclusa con l’impotenza della croce.

“Quando incominceranno ad accadere queste cose” – dice Gesù, per voi miei discepoli [che credete] – la liberazione è vicina, il riscatto arriverà! Il Figlio dell’uomo realizzerà una liberazione escatologica. Se dunque per i fedeli a Gesù il tempo della vendetta non sarà morte, ma salvezza significa che il giudizio di Dio su Gerusalemme, è fatto sull’accoglienza o meno della persona di Gesù.

Questo sembra il delitto commesso da Gerusalemme, l’aver ucciso un profeta e un messia e che provocherà la sua rovina. L’aver rigettato Gesù e la sua parola; il suo insegnamento e il suo modo di interpretare la legge di Mosè, la sua apertura ai pubblicani, la sua durezza contro i farisei, la sua fede in molti aspetti tipicamente al femminile, la sua concretezza nel pre-tendere una testimonianza radicale in chi lo seguiva. Il secondo Tempio verrà distrutto dunque perché Gerusalemme, a cominciare dal sinedrio, non ha ascoltato la parola di Gesù e lo farà morire. I versetti omessi dalla liturgia riguardano la parabola del fico (Lc 21,29 ss.): richiamo alla vigilanza: “state attenti a voi stessi, che i vostri cuori non siano confusi e ubriachi, oppressi dagli affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso…”

 

Dunque Gesù invita a riportare gli occhi in basso e cioè nel presente!

Questa piccola pericope si articola su tre verbi, tre imperativi: osservate (v. 29) state attenti (v. 34) vegliate (v. 37): tre azioni che investono il tempo che separa l’oggi dalla fine. Non è un tempo vuoto, ma pieno da cui dipenderà la fine stessa. Affinché quella fine giunga per la salvezza bisogna investire tutto sul tempo presente. Gesù ha prospettato il futuro ma con uno scopo preciso quello di restituirci il presente per viverlo al meglio!

“Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo”: anche a noi è stato dato un tempo ulteriore come il padrone del campo – nella sopracitata parabola del fico – chiede ancora un anno di tempo al contadino perché potesse essere quello opportuno per attendere il frutto…   non dobbiamo sciupare questo tempo ulteriore in tante cose che ci disperdono, ma riempirlo con la preghiera fiduciosa e operosa, che sarà la nostra forza e la forza di attrazione per lo stesso regno di Dio e del suo Cristo.

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